Botteghe storiche: E’ solo declino?
I numeri non fanno ben sperare. Secondo i dati raccolti da Conapi, la Confederazione nazionale artigiani piccoli imprenditori e diffusi dal Messaggero il 9 agosto in un articolo a firma di Fabio Rossi, dal 1991 ad oggi le botteghe storiche del Centro storico di Roma sono passate da 5mila a mille. Anzi, meno di mille. A cadere sotto la scure di minimarket e negozi di souvenir sono state in particolare librerie, negozi di giocattoli, abbigliamento, tessile, salumerie, panifici e latterie. In sintesi, i negozi che un tempo erano legati alla maggiore presenza di abitanti e che oggi in tempi di aumentati acquisti digitali e di tanto turismo non trovano più una loro funzione. Ma sarà davvero così? Come raccontiamo su questo sito, i turisti vanno più in cerca di botteghe artigiane che di negozi omologati e souvenir ancor più omologati. Alzi la mano chi ha mai visto più di due persone, in tutto il giorno se non in una intera settimana, all’interno dei tanti negozi che vendono borse tutte uguali, felpe tutte uguali, cartoline tutte uguali e così via. Come riescano a pagare tanti sonori affitti resta un mistero nel quale nessuno vuole immergersi – né le associazioni di settore, né le istituzioni, né la Guardia di Finanza – per seguire la filiera degli investimenti che si sono accaparrati anche tante edicole del Centro modificandone la funzione di rivendita di giornali.
I negozi storici non hanno retto l’urto dello stravolgimento degli affitti. Erano gli anni Novanta quando la cereria Pisoni a largo Sant’Andrea della Valle fu tra le prime storiche rivendite a dover cedere il passo di fronte a un nuovo commercio capace di offrire cifre stellari per un affitto. Stessa sorte per la libreria Croce e per la sua fama di salotto letterario a corso Vittorio Emanuele, per la rivendita di passamaneria a via dei Prefetti, per Schostal a via del Corso, per la profumeria Materozzoli a piazza San Lorenzo in Lucina. Piccole e grandi ferite nel tessuto commerciale che si va impoverendo per qualità e non potrà certo ritrovare elementi di originalità ed eleganza attraverso i marchi “ricchi&famosi” che si trovano a investire a Roma per un obbligo di espansione commerciale, non certo per mettere radici profonde e intrecciarsi davvero con l’anima della città.
(aacs)